LO RACCONTA IL MARE
LO RACCONTA IL MARE è un lavoro per voce, flauto e flauto contralto, chitarra classica e soprano, voce narrante ed elettronica basata su antichi testi dialettali ed elementi della tradizione musicale di Molfetta (Puglia).
LO RACCONTA IL MARE is a work for voice, flute and alto flute, classical and soprano guitar, narrator and electronics based on old dialect works and elements from Molfetta musical tradition (South Italy).
SABINO DE BARI: compositions, soprano guitar, electronics
DIANA TORTI: voice
CLAUDIA LOPS: flutes
VITO VILARDI: classical guitar
Sound engineer: Alex Grasso
Photo by Vincenzo Bisceglie
Graphic by Cristina Lombardi
LO RACCONTA IL MARE
Questo lavoro non rappresenta un’operazione filologica o di restaurazione di un certo patrimonio culturale. Non ne hai mai avuto l’ambizione. Esso è una libera interpretazione di poemi letterari antichi che riflettono frammenti di cultura della società molfettese dimenticati. Il Ciclo di canzoni in molfettese è quindi una libera interpretazione musicale di un musicista moderno, un compositore di oggi, probabilmente attento alla tradizione, ma comunque dall’animo libero che naviga a cavallo delle proprie intuizioni artistiche.
D’altra parte invece, i poemi letterari, sul quale sono state basate le composizioni, sono stati presi in prestito dall’egregio lavoro di Isabella Cirilli ed Antonia Spadavecchia dal titolo Memorie ritrovate a cura della FIDAPA (sezione di Molfetta), in cui, attraverso un lungo lavoro di ricerca, vengono ridate alla luce memorie del passato molfettese probabilmente da molti ignorate o dimenticate. Rimando alla lettura del medesimo che ho trovato fresco, interessante e divertente.
Mi sento in dovere di accennare all’utilizzo, nei brani strumentali, che ho fatto di alcuni motivi della tradizione musicale sacra molfettese. Ancora una volta, è stata una spinta emotiva che mi ha portato a servirmi di questi retaggi musicali. Essi, intarsiati in un linguaggio dalla dimensione musicale ed espressiva diversa dagli originali, mi hanno permesso di esprimere quelle che nella mia dimensione interiore mi sembra di percepire come atavico elemento di appartenenza al territorio e, allo stesso tempo, quelle che sono le contraddizioni nei comportamenti culturali odierni nella mia città. Comunque, al di là della loro importanza nella mia sfera emotiva interiore, questi elementi musicali del passato mi hanno aiutato a ricostruire una certa intimità sonora di Molfetta, un immaginario musicale trasversale al nostro passato ed al nostro presente, e a portare per mano l’ascoltatore dentro la storia del nostro paese. Per lo meno, quella che ho voluto raccontare.
La parabola molfettese si conclude con Quenne u maere fasce grousse mentre, I passiona tu Christù, una composizione per sola chitarra dedicata al nostro vicino Salento e basata su una melodia popolare della Grecia salentina, chiude l’album musicale.
ENGLISH
This work does not represent a philological or restoration operation of a certain cultural heritage. It never had this ambition. It is a free interpretation of ancient literary poems that reflect forgotten fragments of the culture of Molfetta's society. The Cycle of Songs in Molfetta is therefore a free musical interpretation of a modern musician, a today's composer today, probably attentive to tradition, but still with a free soul who navigates on the horse of his own artistic intuitions.
On the other hand, the literary poems on which the compositions were based were borrowed from the excellent work of Isabella Cirilli and Antonia Spadavecchia entitled Memories rediscovered by FIDAPA (section of Molfetta), in which, through a long research work, memories of the past of Molfetta are brought back to light, probably ignored or forgotten by many. I refer to the reading of the same which I found fresh, interesting and fun.
I feel compelled to mention the use, in the instrumental pieces, that I have made of some motifs of the sacred musical tradition of Molfetta. Again, it was an emotional boost that led me to use these musical legacies. They, inlaid in a language with a musical and expressive dimension different from the originals, allowed me to express what in my inner dimension I seem to perceive as an ancestral element of belonging to the territory and, at the same time, those that are the contradictions in today's cultural behavior in my city. However, beyond their importance in my inner emotional sphere, these musical elements of the past have helped me to reconstruct a certain sonic intimacy of Molfetta, a musical imaginary transversal to our past and our present, and to lead the listener by the hand. inside the history of our country. At least, the one I wanted to tell.
Molfetta's parable ends with Quenne u maere fasce grousse while, I passiona tu Christù, a composition for solo guitar dedicated in our neighboring Salento and based on a popular melody from Salento Greece, closes the music album.
TARÊNDÉDDE
Inf. A. Binetti (1913); A. Giancaspro (1920); C. Visaggio (1892-1981)
Jênne, Jênne, tre pùrce ghêmme, ghêmme:
une chênde, une sòene e u alte disce la rasciòene.
Tum, tum, tum, cummè Jênne téiene u sciumme e ci ngiù av’a scazzà
Chiêne chiêne mba Cherrare.
Asse de côppe parênde a Marchetìedde1, u ferrare ca fasce le fierre
se devèrte cu mértìedde.
Cumba Cherrare nên la strapazzà ca chère è vachêndi, tu sì nzerate
Mégghie pe ttèieche, fatte le fatte tàue. Ci si nòene pìgghie lê mêzze
E te ròmbe de cape.
Jênne Jênne u sòrge ghêmme ghêmme, la gatte si fu mênge
Cummè Jênne se mètte a chiênge.
Abballe zi menunne e zi menonne e scimme foere a fa le chezzelìcchie
chezzelìcchie chezzelìcchie chezzelìcchie.
Lê mêmme de la zite è sciute foere, è sciute a fa nu sacche
de paparine, paparìnì paparinì2.
Abballe Mechèiele e zumbe Mechèiele e nên t’abbenghià tênde,
zumbe de ghêmme e zumbe de ghêmme.
ITALIANO
TARANTELLA
Anna, Anna, tre pulci lungo la gamba:
una canta, una suona ed un’altra spiega il motivo:
tum, tum, tum, comare Anna ha la gobba e chi gliela deve schiacciare?
Piano piano, compare Corrado.
Asso di coppe (un soprannome), parente a Marchitelli, il fabbro che fa il ferro
e si diverte col martello.
Compare Corrado non la stuzzicare perché quella è nubile, tu sei sposato.
Meglio per te fatti i fatti tuoi. Se no prendo la mazza
e ti rompo la testa.
Anna, Anna, il topo lungo la gamba, la gatta se lo mangia,
comare Anna si mette a piangere.
Balla, zio più giovane e zia più giovane e andiamo in campagna a raccogliere
le lumachine, lumachine lumachine.
La mamma della sposa è andata in campagna, è andata a cogliere un sacco
di papaveri, papaveri, papaveri.
Balla Michele, salta Michele e non ti preoccupare Michele, e non saziarti tanto,
salta con la gamba, salta con la gamba.
1 “Marchietìrdde” viene omesso nella versione cantata.
2 Papaver rhoeas è detto volgarmente rosolaccio o papavero selvatico o dei campi. Cresce nei campi, sui muri, dalla zona marina a quella submontana in tutta Italia, dove fiorisce da marzo a luglio.
ENGLISH
TARANTELLA
Anna, Anna, three fleas along the leg:
one sings, one plays and another explains the reason:
tum, tum, tum, Anna has a hump and who has to touch it?
Slowly, Corrado.
Ace of cups (a nickname), related to Marchitelli, the blacksmith who makes iron
and has fun with the hammer.
Corrado don't tease her because she's single, you're married.
Better mind your own business. If not, I'll take the bat
and I'll break your head.
Anna, Anna, the mouse along the leg, the cat eats it,
Mistress Anna starts to cry.
Dance, younger uncle and younger aunt and let's go to the countryside to collect
the snails, snails snails.
The bride's mother went to the countryside, she went to pick a lot
of poppies, poppies, poppies.
Dance Michele, jump Michele and don't worry Michele, and don't get so full,
she jumps with her leg, jumps with her leg.
CANTO DELL’EMIGRANTE
Inf. A. Albanese (1898-1990)
Siame alla Maculatélla1
addie, addie l’Italia bèlle!
Ce mettimme ind’o bastemênde,
l’acque me pare na fundanélle.
Rit. Ah, ah, ah, sciame ggiuvene
alla Méreghe sciame.
Pueste ind’o vapoere
addie, addie la passioene.
Arrevate a Gebeltèrre
ci ha scurite lu cìele che la tèrre
Rit. Ah, ah...
Siame in alto mare
u Madônne com’è state!
C’è lu mare ribéllate
e la morte è préparate.
Rit. Ah, ah...
Siame in battéria
tutte parlimme e nesciune
capimme.
La trasute de Noviorche
Tréiene pe ngoppe e tréiene pe sotte.
La salute du mérciappiete
re fémmene me parene
bressallìere.
Rit. Ah, ah...
N’ònne scarcérate
o deplòete n’ònne purtate,
scaturélle ci ònne date,
cenguênda solte l’ame pagate.
Rit. Ah, ah, ah... pure i latre
a l’a Méreghe stanne.
Sciame a Pruvidénze2
u Madônne come se pênse
La fatiche la Mêdonne ce pênse
Péppine Pétrunélle3 ci au’a fa
lu credênze.
Rit. Ah, ah, ah... sêmbre a lsse êmm’ê pregà
ITALIANO
Siamo all’Immacolatella
addio, addio Italia bella!
Ci imbarchiamo nel bastimento,
l’acqua mi sembra una fontanella.
Rit. Ah, ah, ah, siamo giovani
all’America andiamo.
Sistemati nel bastimento,
diamo addio al profondo malinconico affetto.
Giunti a Gibilterra
si è oscurato il cielo con la terra.
Rit. Ah, ah...
Siamo in pieno Oceano
Madonna com’è stato!
Il mare si è ribellato
e sembra che la morte si prepara.
Rit. Ah, ah...
Siamo al parco di “Battery park”
tutti parliamo ma non ci capiamo
(diversi dialetti).
Nell’entrare a NEW YORK
si osservano treni su e giù
cominciamo a girare le strade
ed osserviamo donne dai diversi portamenti
sembrano dei bersaglieri.
Rit. Ah, ah...
Appena resi liberi
ci hanno condotti a spiegare tutto, a vuotare,
ci hanno dato una scatoletta di cibo,
cinquanta soldi è stata pagata.
Rit. Ah, ah, ah, pure in America
ci sono i ladri.
Andiamo a “Providence”,
in cerca di lavoro.
Madonna come si pensa!
Peppino Petronelli avrà la bontà
di farci un prestito.
Rit. Ah, ah, ah, sempre a Lui bisogna
rivolgersi con la preghiera.
1 Maculatella: è una denominazione che rientra nel territorio della banchina del porto di Napoli, dedicata alla Madonna Immacolata, statua di pietra sormontata su una colonna. Attualmente non ormeggiano navi passeggeri, solo merci d’imbarco e sbarco. (Il saluto a questa immagine
e poi all’Italia prima dell’imbarco.)
2 Pruvidénze-Provìdence: appartiene allo stato di Rhode lsland “uno degli Stati Uniti d’America” nei pressi di Boston.
3 “Pétrunelle” viene omesso nella parte cantata.
ENGLISH
EMIGRANT SONG
We are at the Immacolatella
goodbye, goodbye beautiful Italy!
We embark on the ship,
the water looks like a fountain to me.
We are young
let's go to America.
Settle into the ship,
we bid farewell to deep melancholy affection.
Arrived in Gibraltar
the sky has darkened with the earth.
We are in the middle of the ocean
Madonna how it was!
The sea has rebelled
and it seems that death is preparing.
We are at the "Battery park"
we all talk but don't understand each other
(different dialects).
Upon entering NEW YORK
you can see trains up and down
we begin to wander the streets
and we observe women of different bearing
they look like 'bersaglieri'.
Just set free
they led us to explain everything, to empty,
they gave us a can of food,
fifty sous was paid.
Even in America
there are thieves.
Let's go to "Providence",
looking for a job.
Madonna, how do you think!
Peppino Petronelli will have the goodness
to make us a loan.
It is always necessary to him
address with prayer.
PREGHIERA ALLA LUNA
lnf. I. Salvemini (1926)
Lunê mê, la zita, trè còese
Nên vogghie la dì:
u mêle de cape, u mêle de vênde
libereme da la mêla ggênde.
O luna mia, luna nuova
tre cose al giorno non voglio:
il mal di capo, il mal di pancia,
e la compagnia della cattiva gente.
ENGLISH
PRAYER TO THE MOON
O my moon, new moon
three things a day I don't want:
headache, stomach ache,
and the company of bad people.
FILASTROCCA
Inf. A. Pisani (1888-1981)
U acce scì a chiêmé u fenùcchie
e le disse:
Acce ce bèlle mìere sacce.
Responne u fenucchie:
scimmeninne a cucchie a cucchie.
Responne u rafênìedde:
Scìmmene a fa nu pegnétiedde.
Responne la cechìeuere:
aie sò la chiù nìeuere,
mé, o vèrde o seccate,
so bòene pe le mêlate.
Il sedano chiamò il finocchio
e gli disse:
Sono il sedano e assaporo del buon vino.
Risponde il finocchio:
andiamocene insieme.
Interviene il ravanello:
andiamo a consumare un po’ di vino
con del pentolino.
E la cicoria:
io son la più difficoltosa (da digerire?)
ma, verde o secca, sono utile ai malati.
ENGLISH
NURSERY RHYME
Celery called fennel
he said:
I am celery and I taste good wine.
Fennel answers:
let's go together.
Radish intervenes:
let's go and have some wine
with a small saucepan.
And chicory:
I am the most difficult (to digest?)
but, green or dry, they are useful to the sick.
NINNÊ NÊNNE
Inf. Visaggio Carmela (1892-1981)
Ninnê nênne, ninnê nênne, oh
Tutti stònne a dremmì
Tu non ancôre. Oh
Ninnê nênne, ninnê nênne, oh
Nesciune te voele béiene
Come a nê mêmme. Oh
Quênne néscieste tu, néscì la roese, oh
néscì la pambênèlle a la
cerase. Oh
E statte citte tu da chèra vênne
ca lu palazze è ìerte e non
Zi sénde. Oh
Mêmma Sênd’Ênne, fa venì Susênne1
c’av’a fa li pênne
E l’av’a sci a spênne
NINNNA NANNA
Ninna nanna, ninna nanna
Tutti stanno a dormire
Tu non ancora.
Ninna nanna, ninna nanna
Nessuno ti vuole bene come
Una mamma.
Quando nascesti tu, nacque la rosa,
nacque il pampino attorno al
ciliegio.
E stai zitto tu da quella parte
che il palazzo è alto
e non si sente.
Mamma Sant’Anna, fai venir Susanna
Che deve lavare i panni
E li deve andare a stendere.
1 Susanna (santa) vergine cristiana, secondo la leggenda fu decapitata da Diocleziano nel 295 per non aver voluto sposare il figlio dell’imperatore. Festa 11 agosto. Con senso ironico, nell’uso popolare, dicesi casta Susanna per indicare donna che, sinceramente, ostenta pudore e castità solo apparenti. Probabilmente il nome è stato usato per rispettare la rima.
ENGLISH
LULLABY
Lullaby, lullaby
Everyone is sleeping
You not yet.
Lullaby, lullaby
Nobody loves you like
A mom.
When you were born, the rose was born,
the vine was born around the
Cherry tree.
And you shut up on that side
that the building is tall
and you don't hear it.
Mother Sant’Anna, have Susanna come
Who has to wash clothes
And she has to go and lay them out.
QUENNE U MAERE FASCE GROUSSE
Sabino de Bari
Quenne u maere fasce grousse
pare ca da nu memende o alte
sa va gnotte u vourghe.
A maec, me pare ca ste ngazzate quenne nen se moeve.
Piatte piatte.
Ne taevele ca nen fasc remoere,
ca nen disce nudde. Ca nen chende.
Ma quenne sa rsbegghie, tenne,
pare ca, come a ne nonne,
me racconde le fatte, le stoerie nostre e r coas ca n’emme scherdate.
Re coese belle e u senghe
ca è state scettate,
La bella terr e re brutte case c’avimme fatte,
U soele calte e le crestiène ca allucchene.
Quenne u maere fasce grousse ne porte ndraète toette la scoesce c’a l’avimme scèttate inde.
A maec, me pare ca quenne nen se moeve, idde soffre citte citte.
Ci se moeve ne picche, par ca se lèmaende chiaene, chiaene,
come a nu melate.
Ma quenne s’agetaesce, tenne, me pare come ci ste a seffriaie: nu melate ca addemenne de les aitate.
Proprie a neue c’a u emme arrouenète!
Ca ne mengimme le poulpe a taeneridde e scettime toutte coese inde e maere,
Ca ne piascenè le scougghie e allassimme u rèste nderre.
Ca ne piasc u addoure du maere c totte re bombe ca l’avimme allassate de la guerre.
A la Festa, (proprie) soape a sti bombe
neu pertimme la Maedonne:
sop a ne varche, c tutt le crestiène
ca acchièmaèndene do vourgh, da le pounde (balconi), da la baènchinae.
E u mer o pourte, lourde e senza
voesce, ne voele daisce qualchè coese.
Ma neue simme nghioummaète.
Da ne recchie.
QUANDO IL MARE SI FA GROSSO
Quando il mare si fa grosso ci riporta indietro tutti i rifiuti che ci abbiamo
buttato dentro.
A me pare che quando non si muove
soffra in silenzio.
Se si muove poco, sembra che
si lamenti piano piano,
come un malato.
Ma quando si agita, allora, mi sembra come se stesse soffrendo, un malato che chiede
di essere aiutato.
Proprio a noi, che lo abbiamo rovinato!
Che ci mangiamo le poulpe a taeneridde
e gettiamo via di tutto in mare,
Che ci piacciono gli scogli e vi lasciamo
i rifiuti per terra.
Che ci piace l’odore del mare con tutte le bombe che vi abbiamo lasciato alla fine della guerra.
Alla Festa, proprio sopra queste bombe portiamo la Madonna;
sopra una barca, con tutta la gente
che guarda dal borgo, dai balconi,
dalla banchina.
Ed il mare, al porto, sporco e senza voce, ci vuole dire qualcosa.
Ma noi siamo sordi.
Da un orecchio.
ENGLISH
WHEN THE SEA GETS BIG
When the sea gets big
it seems that from one moment to the next
it must engulf the village.
It seems to me that he is angry
when it's not moving.
Plate dish.
A table that makes no noise,
that says nothing. That does not sing.
But when he wakes up then
it seems that, like a grandmother,
tell me the facts, our stories
and the things we have forgotten.
The beautiful things and the blood
that has been poured out,
The beautiful land and the ugly houses
that we built,
The hot sun and the people screaming.
When the sea gets big it brings back all the waste that we have thrown into it.
It seems to me that when it does not move
suffer in silence.
If it moves little, it looks like
it moans slowly,
like a sick person.
But when he gets upset, then, it seems to me as if he is in pain, a sick person asking for help.
Just us, who have ruined it!
That we eat the 'poulpe a taeneridde'
and throw everything away into the sea,
That we like the rocks and we leave
waste on the ground.
That we like the smell of the sea with all the bombs we left you at the end of the war.
At the Feast, just above these bombs we carry the Madonna;
on a boat, with all the people
overlooking the village, from the balconies,
from the quay.
And the sea, at the port, dirty and voiceless, wants to tell us something.
But we are deaf.
From one ear.
ADD A TESTIMONIAL
Comment your Lo Racconta il Mare experience!